Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

co», secondo la lettura che ne diede Galvano della Volpe2 • Tutto il poema sarà allora un meditare interiore e un costante domandare, mosso e stimolato dalle visioni della realtà che diventano cifre e annunci di altri confini. Sarà il lungo e solitario monologare di una voce che raccoglie accenni paradisiaci e canta, da ultimo, sobriamente, la conquista di un contatto armonico, originario e mitico con tutto l'Essere: il «burning bosom», il ventre bruciante della feconda madre che è la morte, mistica custode del tempo e delle infinite possibilità delle cose. Un accordo con le radici della propria vita e di quella del creato, un lampo di visione di quella «complicate, amassing harmony», di quella «complicata, aggregante armonia» che troveremo anni più tardi nelle Notes Towards A Supreme Fiction (1942). Con "Sunday Morning" siamo dunque nell'ambito dell'idillio con una natura provvida di segnali e luminescenze (le ali verdi del pappagallo, le arance al sole, la nuvolosa palma, le profumate susine, il fischio della quaglia), dove forte si avverte l'anelito sublime alla commistione salvifica: quella «Divinity mustHve within herself» contro il «dividing and indifferent blue». La poesia è tutta un'interrogazione sulla possibilità del paradiso in terra attraverso wordsworthiane intimations o/ immortality: And shall the earth seem all of paradise that we shall know? Si annienta il bisogno soteriologico della "mother of beauty'', la morte che Stevens chiama «mistica» soddisfacendoli, la morte assolve i nostri desideri e ci consegna ad una vita di bellezza, di pace ad armonia eterna. Occorre invece vivere nella piena accettazione della naturale e caduca contingenza umana (la «island of solitude»), nell'intonazione dell'inno alla forza primigenia («We live in an. old chaos of the sun») con lo slancio fatale dei colombi che oscillano «on extended wings»3 • Sta qui l'ombrosa sostan150

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