Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

Per me la geometria è come l'immagine del criptogramma enigmatico che appare nel Faust di Rembrandt, un alfabeto, un punto interrogativo, la scrittura di un oracolo, l'elemento introverso, astratto, metafisico di {ronte all'elemento naturalistico. Hai mai fatto un autoritratto? Le opere sono tutte degli autoritratti. Ma hai mai fatto un vero autoritratto? Sl, uno solo, la mia ombra impressa su una tela. Parlami della Grande Pietra, di questa esperienza così unica e singolare. Tutti cercano difare ope�e nei luoghi di maggiore attenzione e concentrazione di interessi e tu fai una scultura in Egitto. Mi sembra evidente come la dimensione interiorizzata del lavoro venga sempre di più messa al bando e i lavori siano tanto più accettabili quanto più cercano di identificarsi con l'immagine pubblicitaria, accettabili a condizione che si riducano sempre di più a una funzione innanzitutto decorativa. Ed è la costrizione quasi a dover urlare più forte degli altri in un mondo di sordi, dove nessuno ti ascolta e si ascolta, dove occorre sbattere in faccia i lavori come cartelloni pubblicitari, perché chi passa davanti a quello che fai si comporta esattamente come se passasse davanti a un quadro in automobile. C'è il bisogno solo di guardare immagini che ottundano, americane. A questo punto la prima cosa che pensi è la necessità che il lavoro ha di rendersi segreto, di rendere clandestino il pensiero. È l'isola dove si trova il lavoro che si chiama Isola della Grande Pietra. Un'isola era il luogo più eremitico e allegorico per fare questo lavoro e l'Egitto è innanzitutto un luogo della mente. La Pietra è fatta per un giardino che è al centro dell'isola e adesso è rimasta laggiù, inafferrabile; ora mi sento come un cane randagio che ha trovato una caverna sotterranea per dormire, il rifugio più segreto, e segreto è la parola che sta più vicina a infinito. 14

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