sentimenti e motivazioni. E contemporaneamente, nell'atto disciplinato della percezione, si deve mantenere la distinzione fra umano e non-umano, fra se stessi e l'altro (pp. 134-135). Come Bloom, Miller e la Vendler anche Edelson è consapevole del fatto che la reversibilità della poesia influisce su ogni tentativo di spiegarla. Egli parla della «... combinazione di identificazione e differenziazione che caratterizza il rapporto tra uomo e natura, rapporto che qui viene descritto. Il significato cognitivo della descrizione può essere parafrasato, mentre non può esserlo la precisa presentazione di tipi diversi di significato» (p. 154). Significativamente Edelson non intraprende l'esercizio, oggi assai criticato, dell'analisi applicata. Non si affanna nella ricerca delle tematiche psicoanalitiche della poesia, e non fa alcun tentativo di analizzare Stevens. Piuttosto, egli cerca quell'elemento in comune tra l'indagine della mente e della realtà fatta da Stevens e l'indagine psicoanalitica. In sintonia con l'interpretazione di Stevens, conclude che "The Snow Man" «... rappresenta e presenta un paradosso. Il suo nucleo è costituito dall'espressione enfatica "e non pensare"; la sua conclusione è un'asserzione del principio di realtà» (p. 165). Particolarmente interessante, a mio parere, è l'uso che Edelson fa dell'esperienza, sorprendente e difficile, di leggere la poesia come esempio di ascolto psicoanalitico. Egli descrive con grande acutezza la propria immersione nella poesia e negli echi associativi che essa produce. Questa descrizione gli serve da esempio del processo che deve precedere la formazione di ipotesi cliniche. Per quanto riguarda il titolo, ad esempio, «Stevens diceva snowman (con accento sulla prima sillaba) o snow man ( due parole accentate, con accento . più marcato sulla seconda)? Sta parlando di un manufatto (fatto di neve, ad immagine d'uomo), o sta parlando di un uomo (che fa qualcosa con la neve, alla neve, nella neve)...? [ ...] 120
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