Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

ve una poesia che sembra escludere il pathos o perlomeno annuncia come un proprio manifesto l'intenzione di attuare questa esclusione» (p. 56). Bloom individua la complessità di un ritorno delle emozioni in una poesia che parla del1'eliminazione dell'emozione; secondo Bloomquesto ritorno si realizza nell'uso della parola «guardare». Egli contrappone l'uso di «guardare», nei primi tre versi, a quello di «osservare»: «Osservare» in quanto termine di origine stevensiana retrospettivo e negativo legato alla percezione conduce ad una rappresentazione particolarmente ironica, ed è quindi appropriato per l'animo d'inverno piuttosto che per le emozioni dell'inverno. Ma «guardare», con il suo più positivo margine di stupore o di scoperta, conduce ad un'immagine confinante con un tipo di pathos, ed è di conseguenza più appropriato per la condizione emotiva, anzi quasi ipersensibile, dell'aver avuto freddo a lungo (p. 60). Pertanto secondo Bloom l'emozione è e non è presente nella poesia. La critica della pathetic fallacy si capovolge e diventa la possibilità di trovare le emozioni nella realtà. La conclusione di Bloom lo porta a contestare in modo provocatorio l'interpretazione data da Stevens: «La peggior lettura possibile di questa poesia è quella tradizionale che ci è stata suggerita dallo stesso Stevens ..., che è relativa a meno di metà della poesia, alle parti nelle quali ''la realtà" è "osservata", e non a quella parte più ampia in cui "la realtà" è "guardata" e può così diventare una passione» (p. 63). Secondò Bloom dunque l'interpretazione di Stevens è eccessivamente univoca. Proprio come per la questione di dialettica e sintesi, movimenti che la poesia sembra mimare e poi minare, così per Bloom la critica della pathetic fallacy si richiude su se stessa. L'interpretazione 117

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