Le Delocazioni sono state per me lavori veramente iconoclasti. Avevo mostrato sulle pareti della galleria le impronte, le sagome delle tele che avevo rimosso, presentando la loro assenza, ombre di polvere e di fumo. A Venezia nel '71 avevo esposto quattro Delocazioni, impronte di tele riportate su tela nei colori di fondo rosa, bianco, azzurro, giallo ocra, e le avevo esposte su quattro pareti che avevo dipinto nei colori corrispondenti. Avevo anche fatto altri lavori incollando tele sulle tele stesse, tele bianche su tele bianche. Tela su tela; mi sembrava l'unica immagine possibile. In seguito, nel '75, avevo esposto una serie di tele bianche in piena luce in modo che fosse la luce stessa a impregnarsi sulle tele, come a dipingerle; le avevo immaginate come opere del giorno. Altrettante tele nere erano invece esposte in ombra, un'ombra densa, pensate come opere della notte. Mi piaceva l'idea che fosse la luce del giorno a dipingere le tele bianche e l'ombra della notte a dipingere le tele nere. Delocazione (1970) era un lavoro nato dall'osservazione di uno spazio, il luogo di presentazione di un'opera, un ambiente trovato all'interno di un museo, e questo ambiente non era nient'altro che un luogo abbandonato, dove le uniche presenze erano le impronte degli oggetti che avevo rimosso. Un ambiente di ombre realizzate con polvere e fumo, ombre di tele rimosse dalle pareti, ambienti completamente spogli dove l'unica presenza era l'assenza, ectoplasmi di immagini scomparse, ombre di ombre, come veder dietro un velo un'altra realtà velata e dietro quest'altra realtà velata un'altra ancora e altri veli e così via perdendosi all'infinito, cercando un'immagine e attraverso questa immagine il desiderio di intravedere se stessi. Avevo presentato questo ambiente di ombre come opera; un luogo dell'assenza come luogo dell'anima. 11
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==