Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

Le Delocazioni sono state per me lavori veramente iconoclasti. Avevo mostrato sulle pareti della galleria le impronte, le sagome delle tele che avevo rimosso, presentando la loro assenza, ombre di polvere e di fumo. A Venezia nel '71 avevo esposto quattro Delocazioni, impronte di tele riportate su tela nei colori di fondo rosa, bianco, azzurro, giallo ocra, e le avevo esposte su quattro pareti che avevo dipinto nei colori corrispondenti. Avevo anche fatto altri lavori incollando tele sulle tele stesse, tele bianche su tele bianche. Tela su tela; mi sembrava l'unica immagine possibile. In seguito, nel '75, avevo esposto una serie di tele bianche in piena luce in modo che fosse la luce stessa a impregnarsi sulle tele, come a dipingerle; le avevo immaginate come opere del giorno. Altrettante tele nere erano invece esposte in ombra, un'ombra densa, pensate come opere della notte. Mi piaceva l'idea che fosse la luce del giorno a dipingere le tele bianche e l'ombra della notte a dipingere le tele nere. Delocazione (1970) era un lavoro nato dall'osservazione di uno spazio, il luogo di presentazione di un'opera, un ambiente trovato all'interno di un museo, e questo ambiente non era nient'altro che un luogo abbandonato, dove le uniche presenze erano le impronte degli oggetti che avevo rimosso. Un ambiente di ombre realizzate con polvere e fumo, ombre di tele rimosse dalle pareti, ambienti completamente spogli dove l'unica presenza era l'assenza, ectoplasmi di immagini scomparse, ombre di ombre, come veder dietro un velo un'altra realtà velata e dietro quest'altra realtà velata un'altra ancora e altri veli e così via perdendosi all'infinito, cercando un'immagine e attraverso questa immagine il desiderio di intravedere se stessi. Avevo presentato questo ambiente di ombre come opera; un luogo dell'assenza come luogo dell'anima. 11

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==