Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

fuori dal loro campo latteo era quasi buio, degli uomini e delle cose si distinguevano i contorni in controluce. Da una apertura del pavimento, alzatasi all'improvviso, si intravvide una scala erta, qua?i verticale da cui apparvero prima le teste e poi i massicci corpi ammantati dei monaci inservienti, carichi di alte ceste colme di riso fumante. I ragazzi sempre impassibili, come per un comando, estrassero dalle pieghe del loro mantello una ciotola ed un pannetto incolore. Posarono lievemente a terra davanti a loro la coppetta di legno e lisciarono lo straccetto ciancicato sulle gambe incrociate. Per un tempo che a noi occidentali sembrò lungo in maniera quasi imbarazzante, ci fu silenzio ed immobilità. Solo il vento dalle valli, molto in basso, arrivava fischiando. All'improvviso si mise in moto qualcosa di simile ad un grande spettacolo corale, una serie di azioni simultanee e veloci che creavano una impressione di confusione in un primo tempo, ma che poi risultò essere una perfetta catena di montaggio che portava il cibodalle ceste fumanti alle bocche delle piccole sculture in attesa. Fra l'indifferenzagenerale, il riso, nell'atto di essere distribuito, schizzava dovunque, sui manti color vino, sulle testine rase dei monacelli, per aria, dove catturavano la luce come falene. Gli inservienti ne calpestavano i chicchi che ricadevano per terra con i grandi piedi nudi, mentre si curvavano all'interno delle ceste per estrarne capienti manate di riso che posavano per due volte nel piccolo panno grigio di ogni ragazzino. Mentre i monaci spostavano a colpi di ginocchio le ceste lungo le file, i piccoli preti rimanevano in posizione impassibile. Ora anche le ciotoline per terra furono riempite da veementi mestolate che grondavano un intingolobollenteodoroso di mon168

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