Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

mente l'affronto consueto di dover cedere anche il nome all'usurpatore: la parola «mappina» si è perduta, scomparsa, sconosciuta ai più. «In mappa compescere risum». Una volta, eravamo un gruppo di turisti europei in Bhutan e visitavamo i monasteri buddisti aperti ai viaggiatori. Capitammo in uno di questi grandiosi edifici, simili a fortezze, all'ora del pasto ed i monaci anziani ci invitarono ad assistere alla cerimonia del pranzo dei piccoli monaci convittori. Noi accettammo volentieri e salimmo una larga scala di legno che ci portò in una grande sala, una specie di spaziosa soffitta, che riceveva luce da piccole finestre quadrate. Un bel gruppo di monacelli, dei ragazzi dai dieci, undici anni, scalzi, la piccola testa rasata e eretta, entrarono chiacchierando e ridendo rumorosamente. Erano contenti ci dissero i vecchi monaci, perché avendo partecipato ad una funzione funebre, il pasto a base di riso sarebbe stato arricchito da una porzione di carne. Indifferenti alla nostra presenza, non si capiva se per innocente selvatichezza o perché proiettati verso il prossimo insolito banchetto, andavano disponendosi nel centro della sala. Noi ci accostammo silenziosamente alle pareti. I giovani si erano seduti, la schiena dritta, le gambe incrociate si indovinavano sotto il mantello color vino, componendosi in due file frontali e parallele. Stavano immobili come i Budda dei loro altari e solo i loro occhi mandavano lampi bianchi e neri. Dalle piccole finestre quadrate la luce biancadella valle entrava nella grande sala di legno scuro, dividendosi in travi luminose che traversavano diagonalmente lo spazio; 166

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