Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

«sfa», si pone un blocco articolatissimo come: L'ora che accendono bianche le tende agitate alla prima brezza, e al mare reca ragazze il cui sciame discende fresco le scalinate - arde di chiare maglie la lana e l'acuta profluvie di capelli e di risa, e gli arrossati calcagni acri nei sandali fra esuvie di conchiglie ristora e vetri... dove appunto le frasi s'intricano così fittamente l'una sull'altra che non è nemmeno più possibile isolare le metafore. L'incidenza del monosillabo è magnificata, ovviamente, dal ricorso dell'«alt» a chiudere ogni ultimo verso di strofa - posizione già sottolineata, che lascia subito sospettare che tale scelta lessicale sia iperdeterminata. Il lettore la percepisce come un'escissione violenta e calcolata, attraverso cui si significa che come l'ora giusta della sosta non arriverà mai per l'utente, così la scrittura non si completerà mai. Ma a sua volta, rifratto negli echi fonici ossessivi della coazione a ripetere, il taglio diventa interminabile. Le «Stanze della funicolare» sono un varcare verso un culmine - pertanto viaggio (canone letterario!), ovvero scansione spa?:iale e temporale. Esse contengono una infinità di «istants du regard», di «temps pour comprendre», che si succedono, tuttavia, non in una dimensione logica ma estatica. 130 Ove se punge umido ancora l'occhio una più certa scoscesa di cristalli e ardesie, a vela guai se spinge l'utente oltre il dosato passo l'incanto!

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