Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

le désert. Varrebbemeglio «il candore affascinante del corpo» della signora K. di cui fa le lodi Dora - se non altro per il campo di referenze che attira verso il discorso, (il contesto abbastanza prossimo a quel passaggio freudiano che tratta delle perversioni.) Porto l'attenzione sul carattere étincelant del biancore che riveste cosce e ventre dell'animale: qualcosa che finisce per togliere la vista per un eccesso di luminosità. Tale zona di candore abbagliante, viene ad assumere, nella struttura essenziale del racconto, la qualità di una forma - forma di luce e insieme di cecità da luce. Legata strettamente a una sorta di ontologia luminosa, o a una fotologia, secondo il termine di Rodolph Gasché, essa sequestra alla vista, cancella dal testo il genitale della pantera. È per così dire uno scotoma bianco, simmetrico, come si vedrà poi, a un'altra macchia di occultamento, che blocca simbolicamente il godimento. Quel candore, localizzato in modo opportuno, come l'abbaglio di un occhio percosso da una luce esorbitante, inibisce la visibilità del sesso femminile. È stato Lacan a parlare, in proposito, della dissimetria fra i due sessi, come si può controllare nel seminario sulle psicosi. «Non c'è, propriamente parlando, simbolizzazione del sesso femminile come tale». E osserva anche che il sesso femminile ha il carattere di un'assenza, di un vuoto, di un buco - di una macchia candida e scintillante, aggiungerei, sulla base dell'esperienza del racconto balzacchiano. Il sesso femminile non può dunque essere rappresentato. Tale irrappresentabilità significa - in Une passion dans le désert - un altro impossibile: quello di identificarsi non solo in un ruolo o persona (maschio/femmina, uomo/animale) ma nella sessualità stessa, premessa del suo esercizio. Qualche cosa è rimasta inibita nel campo del significante. Tutto ciò ruota intorno all'idea di simulacro (la pan18

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==