Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

terminare queste qualità non è semplice - poiché così formulate esse si riferiscono al contenuto «manifesto» del mito, e dunque al suo aspetto superficiale - molti miti non presentano contrassegni apparenti di universalità e cionondimeno sono considerati tali dagli studiosi. Di segno opposto è l'ostacolo che si trova sulla strada degli universalisti.. Mentre una definizione formale del mito svela il suo limite nell'incapacità di specificare la natura stessa dell'oggetto, una definizione basata su una teoria interpretativa universale si configura come una tautologia: l'oggetto definito coincide con la teoria. Tra le teorie universaliste una categoria può essere composta da tutte quelle spiegazioni sui miti che trovano il loro fulcro nel collegamento ipotizzato tra mito e funzionamento della mente: ad esempio la teoria strutturalista di Claude Lévi-Strauss in antropologia e la teoria psicoanalitica freudiana. Il percorso di C. Lévi-Strauss, quale che sia il ridimensionamento che il tempo e le conoscenze acquisite impongano al suo progetto, porta, oltre la marca del genio, il segno distintivo di un momento inaugurale del pensiero intorno al mito. Iscritto e intimamente legato, tanto da rimanerne prigioniero e di soffrirne le conseguenze, alla corrente teorica che identificò nella linguistica chiamata strutturale la disciplina guida da imitare, il disegno di Lévi-Strauss si articola su più piani della esperienza del1'etnografo. In questo frangente è utile tenere in mente quei principi che egli considera essenziali alla caratterizzazione, non già del mito in quanto tale, prodotto finito di culture illetterate, ma del pensiero mitico come modalità di funzionamento dello spirito. Questa impostazione del problema autorizza l'integrazione in una stessa classe della ricerca di Lévi-Strauss e della psicoanalisi, nonostante le loro differenze. Si può considerare l'articolo «The Structural Study of 163

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==