Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

l'inconscio. Se avesse preso a redigere un'autobiografia allineando gli eventi in successione, si sarebbe trovato nella necessità di teatralizzare la maschera dell'io; così, invece, spazza via le ombre del tempo biografico, elimina la lanterna magica dell'esistenza rivissuta (reinterpretata, reinventata). Non c'è, negli Essais, un racconto organizzato, più o meno conforme, né una storia sistematica della personalità3 . Ma non ci sono nemmeno le parvenze consuete del journal intime: se la scrittura diaristica, al presente, sembra prossima all'intento di Montaigne, di render conto di sé «de jour, en jour, de minute en minute» (III, 2, 782b), resta però fuori dal testo la componente (decisiva, come sottolineava Blanchot) dell'aggancio al calendario, in una continuità che l'eventuale intermittenza non fa che confermare e che implica la contingenza del quotidiano, la schiuma dell'effimero. Insomma, né autobiografia né diario, il testo di Montaigne si lascia definire solo per esclusione. Non cessano tuttavia i tentativi di annetterlo ad una qualche famiglia di scritti, per esempio quella alquanto eterogenea designata autoportrait, che risponderebbe alla formula: «Je ne vous raconterai pas ce que j'ai fait, mais je vais vous dire qui je suis»4 • Proposito che, così espresso, mi par arduo imputare in tutta tranquillità ad uno scrittore intestato a ribadire la propria incapacità ad autodefinirsi se non nella consapevolezza di un'imprescindibile frammentazione. Piuttosto, il suo disegno si avvicinerebbe all'antiprogetto di Foucault: «Ne me demandez pas qui je suis et ne me dites pas de rester le meme» (su cui si chiude, com'è noto, la prima parte dell'Archéologie du savoir). Se Montaigne dichiara: «Ce ne sont mes gestes que j'escris, c'est moy, c'est mon essence», quel mai che qui vale solo in contrapposizione a mes gestes ha uno statuto del tutto provvisorio: «Je ne vise icy qu'à découvrir moy mesmes, qui seray par adventure autre demain, si nouveau apprentissage me change» (I, 26, 147a). E si rammenti, fra tutte, 114

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