Il piccolo Hans - anno XVII - n. 68 - inverno 1990-1991

di faggi e d'orni e d'ellici e d'abeti» [:XXIII,134-135]). L'amore è "insania", e se ben come Orlando ognun non smania, suo furor mostra a qualche altro segnale. (XXIV,l) Ed ecco il poeta, in forma interlocutoria, tornare alla sua propria «follia» d'amore: Ben mi si potria dir: - Frate, tu vai l'altrui mostrando, e non vedi il tuo fallo. - lo vi rispondo che comprendo assai, or che di mente ho lucido intervallo; et ho gran cura (e spero farlo ormai) di riposarmi e d'uscir fuori di ballo: ma tosto far, come vorrei, nol posso; che 'l male è penetrato infin all'osso. (XXIV,3). Poco più avanti, alla fine del canto XXIX, quando Orlando è a un pelo dall'uccidere, senza riconoscerla, Angelica, la cagione del suo male, che solo riesce a sfuggirgli in virtù dell'anello che la rende invisibile, il poeta si finge l'invettiva: Deh maledetto sia l'annello et anco il cavallier che dato le l'avea! che se non era, avrebbe Orlando fatto di sé vendetta e di mill'altri a un tratto. Né questa sola, ma fosser pur state in man d'Orlando quante oggi ne sono; ch'ad ogni modo tutte sono ingrate, né si trova tra loro oncia di buono. (XXIX,73-74) Ma non è, nel gioco del poema, che un'occasione per ribadire, chiedendo alla "cortesia" delle ascoltatrici, "aver da voi perdono" per essersi fatto vincere "da l'impeto e da l'ira", quanto egli stesso sia preso dalla passione per la 188

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==