vissima traccia di una tale .traslazione (ciò che non si poteva escludere, data la ristrettezza degli orizzonti della psicoanalisi in quei tempi lontani), restava dubb10 che fosse in suo potere attiva-. re un tema, o come si d1ce un «complesso», soltanto col farvi cenno e fintantoché esso non· era ancora attllalé! nello stesso paziente. A tal fine egli avrebbe dovuto certamente assumere un comportamento di vera e propria jniinicizia nei confronti del paziente. Inoltre, a suo parere, non tutti i buoni rapporti tra analista e analizzando, durante e dopo l'analisi, vanno ascritti alla traslaziqne. Esistono anche relazioni amichevoli che hanno un fondamento reale e che si rivelano capaci di durare una vita intera. (Freud, OC, 11, p. 505) Penso che in. questo brano Freud lasci trapelare il suo transfert negativo verso Ferenczi. Perché, infatti, tanto per cominciare, non si rende conto che egli stesso, in. quanto «altro analista» (che Ferenczi giudicava «superio7 re a sé»), era a sua volta proprio uno di quei «concorrenti» verso i quaHFèrenczi si lamentava di reagire inmodo. nevrotico? Che se ne rendesse conto inconsciamente - e non solo per «qualche lievissima traccia» - è suggerito dal fatto che, dopo aver detto che Ferericzi, con l'analisi, divenne «amico» dei suoi presunti riva:li, prosegue, n e lla frase successiva, descrivendo l'amicizia che Ferenczi gli portava. In chiusura del brano citato sopra invoca ripetutamente realtà, amicizia, e «buoni rapporti», tutte cose che, io credo, probabilmente coprivano il suo desiderio di non volerne sapere niente del rapporto irrealistico, ostile, non-buono, che Ferenczi intrattenne nei suoi confronti, dovuto al transfert negativo. Nel periodo di cui stiamo parlando, gli anni '20 .e i primi anni '30, il rapporto di Freud.con Ferenczi era limitato, a mio parere, alla collaborazione professionale. Freud nori voleva continuare l'analisi «interminabile» di Ferènczi; aveva soltanto bisogno di un buon collaboratore. 169
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