Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

della tall tale sono, in Gordon Pym, omologati dall'invenzione onirica. Se il bianco orso gigantesco di Poe ha i suoi affini negli Almanacchi di Davy Crockett (apparsi tra il 1836 e il 1838), eil maiale dalle zampe d'antilope è parente, nella sua contratta stramberia, di una qualche semidemoniaca semiburlesca figurina di Bosch, l'ibrido senza nome, il candido animale materno dagli artigli e i denti scarlatti porta in sé il sigillo del simbolismo onirico. I due repertori, il visivo e il verbale, sembrano congiungersi in questa creatura fantastica che non esisterebbe nel testo se non fosse consacrata a simbolo7 dalla memoria che l'ha salvata dal sogno e che, pur non assegnandole un nome, la nomina con lucidissima esattezza. Nella descrizione dell'ibrido senza nome si precisa il movimento dal sogno al linguaggio, dall'indecidibilità dell'immagine onirica alla precisione della parola che narrandola la offre alla decifrazione. In Gordon Pym Poe sembra liberare la memoria onirica dal passato personale per inviarla a scandagliare le terre incognite del futuro. In fuga dal testo e dal sogno, lè sue figure animali incontrano i nostri terrori e stupori di viventi in un mondo nuovamente, sfrenatamente, ossessionato dalla nozione di metamorfosi, dominato dalla rivalità tra scienza e natura, che si è sostituita alla competizione tra natura e arte; e, ai nostri occhi di sognatori in bilico tra molteplici futuri, irradiano l'arduo fascino dell'immagine catturata e disciplinata dalla parola che la nomina. Marisa Bulgheroni 193

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