Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

alto e smilzo, e un po' più sotto, il vigoroso sergente. Li vedevo tutti e tre attaccati allo stesso rampino, la bocca spalancata e la lingua penzoloni, a volte uno dopo l'altro, a volte tutti e tre insieme. Poi vedevo me stesso, in mezzo a loro»31 • Il singolare rapporto di Bracquemont con la donna-ragno si fa dunque indice di un immaginario collettivo, che induce l'uomo a vedere nel ragno l'elemento femminile, ed a desiderare di esserne distrutto. Ritroviamo così l'analoga valenza implicita nell'immagine del ragno diabolico di Gotthelf, ed infatti il racconto si conclude con un'immagine che rinvia all'infelice vicenda di Cristine: come quando era stato trovato il cadavere del sergente Charles Marie Chaumié, «un grosso ragno nero uscì dalla bocca spalancata del cadavere», e quando era stato portato via il corpo del viaggiatore di commercio svizzero il domestico «aveva scorto sulla sua spalla un ragno assolutamente identico», così ora, «tra i denti si scorgeva, schiacciato e frantumato, un enorme ragno nero, coperto di macchie violette»32 • Secondo il meccanismo che presiede ad ogni incontro (scontro) con il proprio doppio si ha infatti l'annullamento di entrambi gli elementi costitutivi della duplicità stessa, in questo caso il protagonista ed il suo immaginario: la donna-ragno. Di fatto non è l'incubo del femminile, della pulsionalità minacciosa che gli aveva conferito in particolare la misoginia della cultura ottocentesca, a trovare qui la propria risoluzione, ma anzi il fatto che solo nel proprio annullamento si possa vedere una via di uscita è lì a segnalare il fallimento di tutta una quéte: si è nella tela e tutti i percorsi sono già giocati in anticipo; l'universo del femminile continua ad essere un universo-trappola. Alberto Castaldi 184

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