prima della nascita di Cristo caldeggiava delle vedute consimili: «Ugualmente è necessario che il fisico abbia nozione, come già dell'infinito, anche del luogo, se esso sia o non sia, ed in che modo sia e che cosa sia. Tutti infatti ammettono che gli enti sono in un "dove" (ché il nonente non è in nessun luogo: dove sono infatti l'ircocervo e la sfinge?) [...]»52 • Si vede bene qui quanto poco servano a determinare una distanza tra le posizioni filosofiche di due pensatori gli umori del momento, i pareri personali anche meditati, una indole anche molto forte od una diversa estrazione culturale e sociale od una differenza di nazione o di epoca in cui siano nati, quando comincino ad agire quei motivi potenti e sovrapersonali di unificazione, che sono la tendenza al realismo della tradizione speculativa greco-cristiana e le istanze religiose più profonde di tale tradizione. Leibniz e Clarke avevano due teorie diverse dello spazio, del tempo, della forza e della materia, sostenendo il primo che lo spazio ed il tempo erano una congerie di punti relativi, che la materia non aveva vuoti, che la forza non cessava mai di operare e derivando egli queste convinzioni dalle opere di sant'Agostino e san Tommaso, sostenendo il secondo che lo spazio ed il tempo erano una congerie di punti assoluti, che la materia era piena di interstizi, che la forza cessava di operare, e derivando egli queste convinzioni dagli scritti di Henry More, di Boyle e di Locke. Essi sentivano con tutta la saldezza del loro carattere, con tutta la cogenza delle loro persuasioni filosofiche - e non si trattava sicuramente di caratteri malfermi e di persuasioni filosofiche incerte - che le loro teorie erano quelle vere e che si distinguevano da quelle del loro antagonista. Eppure, quando si arriva a mettere a punto i presupposti superiori di fondo da cui si irradiano le teorie della conoscenza della metafisica occidentale, in entrambi le spinte centripete prevalgono su quelle centrifughe. La vo83
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