Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

dicati che avevano ereditato dalla metafisica platonicoaristotelico-cristiana, e dunque non poteva essere che simile a quello di Leibniz che si era rifatto alla medesima grande tradizione. Secondo questo concetto, il tempo, lo spazio ed il movimento erano gli attributi di «qualcosa» di materiale e spirituale (la sostanza), cui essi aderivano, e l'unica ragione di contendere era, al massimo, se questi attributi o predicati dovessero riguardare una materia unita allo spirito che si estendeva a tutto l'universo, senza lacune di sorta, come avrebbe voluto Leibniz, oppure, se questi attributi o predicati dovessero aderire ad una materia che esibiva dei vuoti, riempiti di sostanze eteree o spirituali, come avrebbero voluto Newton e Clarke. Inoltre, i due fisici inglesi avevano bisogno di affermare, né più né meno di Leibniz, che lo spazio ed il tempo non erano immaginari, perché, né più né meno di Leibniz, si erano serviti dello spazio e del tempo reali per determinare i movimenti dei corpi naturali, da quelli uniformi a quelli difformi, nonché per giustificare i differenziali del calcolo infinitesimale. Tra l'altro, c'è nel famoso scolio dei P�incipia di cui abbiamo parlato più volte la tesi che il movimento uniforme non rappresenta altro che il tempo ed il suo scorrere senza variazioni, da cui Leibniz avrebbe potuto prendere benissimo la sua tesi che il movimento uniforme è la «misura» del movimento difforme50 , mentre là ragione del nome «flussioni», adottato da Newton per indicare il nuovo calcolo, sta nella circostanza che egli intende le quantità variabili come «fluenti», ossia variabili allo scorrere del tempo51 ; infine, militava a favore della esistenza reale dello spazio, del tempo e del movimento l'argomentazione che da sempre è servita quale migliore appoggio delle teorie essenzialistiche, e cioè che, se lo spazio, il tempo ed il movimento fossero delle finzioni, quest'accusa che colpiva gli attributi non poteva mancare di coinvolgere la sostanza stessa. In un certo senso possiamo dire che Aristotele tre secoli 82

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