tesi dei Principia31 : ma egli non cede su tale questione, o megho cede solo quando è proprio costretto. Inoltre, Leibniz avrebbe potuto riconoscere disinvoltamente che, se non nell'ottava definizione dei Principia, almeno nello scolio, la dimostrazione newtoniana dell'esistenza dello spazio assoluto era imperniata su una concezione analoga alla sua. Invece, egli lo nega, o meglio lo afferma solo in un secondo momento ed indirettamente, come se stesse parlando della sua teoria della forza, non di quella di Newton. Scrive nella quinta lettera: «Non trovo nella definizione ottava dei Principi matematici della natura, né nello scolio di quella definizione, nulla che provi o possa provare la realtà dello spazio in sé. Nondimeno ammetto che ci sia una differenza tra il movimento effettivo ed assoluto di un corpo ed un semplice mutamento relativo di posizione, in rapporto ad un altro corpo. Infatti, quando la causa immediata del mutamento è nel corpo, esso è effettivamente in moto, ed allora la situazione degli altri, in rapporto ad esso, è di conseguenza cambiata, benché la causa del mutamento non sia in essi»32• Era un po' come dire, «vi dibattete nelle difficoltà perché avete voluto cominciare la trattazione della meccanica partendo da due enti empiricamente indimostrabili, quali lo spazio ed il tempo assoluti, adesso, uscirne è affar vostro. In ogni modo, l'unica strada per farlo è quella che ho intrapreso io, quella che ricorre ad argomentazioni dinamiche». D'altronde, le dispute non sarebbero più tali se servissero a scoprire dei motivi di dialogo tra i duellanti, ed il contenzioso che si era creato in quegli anni tra Leibniz e Clarke era enorme. A parte la distanza tra le loro teorie dello spazio, del tempo e della forza, che indubbiamente c'era e risultava, almeno a chi si fosse limitato a leggere quello che dicevano nel carteggio, ingigantivano questo contenzioso dei motivi di risentimento personale, prodotti dalla recentissima disputa sulla priorità dell'invenzio74
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