Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

piezza dei suoi eroi: il rifulgente Wetter vom Strahl e la pallida Kathchen, Alcmena e Giove, il giudice Adamo e l'oscuro segretario Licht. Il tragico veto di conoscere lo sposo che grava su Semele riecheggia inoltre la forma d'amore da sempre accarezzata da Kleist, effigiata nei «baci» e nei «morsi» (Kusse, Bisse) che allacciano in una stretta fatale Pentesilea ed Achille: un possesso estremo che può concedersi solo a patto di negarsi, e cioè di condividere la morte. L'universo stralunato di Kleist è sospeso tra prorompenza e fragilità, tra impetuosità della pulsione e intensità della soggezione al «vortice» di quel mondo «fragile/ che solo di lungi gli dèi si abbassano a contemplare». Il dissidio che lo dilania non è dissimile da quello impostoci dalle scienze, in cui Kleist si dibatteva con inquieta, insoddisfatta ansia enciclopedica; è cioè della stessa natura della cultura che rinnegava, di cui lamentava la «ciclopica unilateralità». Di qui quello stazionare nel paradosso di cui più volte dice ad Ulrike, riferendole le obiezioni che lo trovano impreparato, il persiflage a.cui si sente esposto. «Se non vuoi sfruttare il tuo sapere, perché vai dunque in cerca della verità?»21 . L'orgoglio sembra viceversa crescere, nelle lettere a Ulrike, proporzionalmente al desolante scemare delle sue condizioni. Negli ultimi anni, giunge persino a favoleggiare di un'impossibile carica di direttore al Wienertheater. Si può avvertire qui un'estrema mossa retorica per interessare la sorella, ormai provata da tanti tentativi frustrati, ma anche una forma di autoconvincimento, palesemente consolatoria, come se la sua Rikchen rappresentasse ora qualcosa di più del suo primo giudice, della sua prova del fuoco - e cioè la posterità stessa, cui è rimesso quel singolare, paradossale dono, a lungo interrogato e carezzato da Kleist, che è il Nachruhm, la fama postuma. 4. A Konigsberg, la città di Kant, Kleist presta servizio 52

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