strapparsi la memoria. Vorrebbe versare via la vita, ma dopo averne mandato in frantumi le coppe. La sua rabbia eguaglia il suo dolore, il suo scherno i suoi lamenti. Che cos'hai, Heinrich, lo accarezza la sorella. Niente, niente. Ci mancherebbe altro che debba dire quello che ha. Per terra, in camera sua, giacciono i manoscritti come creature orribilmente abbandonate da padre e madre. Dà la mano a sua sorella e si accontenta di guardarla a lungo e in silenzio. Somiglia già a uno sguardo stralunato, e la fanciulla rabbrividisce. Quindi partono. [...] Kleist se ne sta rincantucciato in un angolo della carrozza. Le torri del castello di Thun scompaiono dietro una collina. Poi, lontanissimo, la sorella di Kleist vede ancora una volta il bel lago. [...] In verità, a essere sincero con se stesso, ora sta proprio bene. Qualcosa gli duole, sì, è vero, proprio così, ma non nel petto, neppure nel polmone, né nella testa, e che è? Davvero? Proprio non sa dove? Ma sì, un poco, da qualche parte, si può dire che c'è, ma niente di preciso. E poi non vale la pena di parlarne. Lui dice qualcosa, e vengono dei momenti in cui è felice come un bambino, e allora naturalmente la ragazza fa subito una faccia severa, di riprovazione, deve pure mostrargli un pochino quanto sia strano quel modo di giocare con la sua vita. La ragazza è appunto una Kleist e ha avuto un'educazione, quella che il fratello ha voluto gettare al vento. Certo, è felicissima che lui stia meglio. Avanti, allegri, che bel viaggio in carrozza»19 . Quel «fuoco più alto» che andava consumando Kleist è riassunto da Fouqué con una felice metafora mitologica: «l'uomo, per altri versi così energico, era di fronte alla sua Musa una fragile Semele, mentre questa era per lui uno Zeus fiammeggiante»20 . Semele, figlia di Cadmo e Armonia, madre di Dioniso, fu incenerita da Zeus, suo sposo, per aver voluto conoscere la sua vera natura. Figura ctonia e diafana, Semele pare una metafora in cui leggere non solo il destino di Kleist, ma anche la costitutiva dop51 L
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