Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

Pilade e Semele Heinrich e Ulrike von Kleist Dicono i poeti che la disperazione ha sempre nella bocca un sorriso. Leopardi, Dialogo di Timandro e di Eleandro Due miniature ce li raffigurano come gocce d'acqua, lui col consueto volto infantilmente arcano, l'immancabile jabot, le ciocche che spiovono dalla fronte, la bocca che si atteggia timidamente a un sorriso. Lei più compunta, melanconica, gli smerli aguzzi sul corpetto, gli occhi tanto chiari da sembrare intrisi di pianto. Heinrich e Ulrike von Kleist, come a dire Kleist e la sua schiatta, o Kleist e se stesso. Il loro carteggio è lo specchio della lontananza di Kleist nella sua continua, vuota peregrinazione, e il difficile legame col suo ceppo nella persona, quella della sorella (Ulrike era per Kleist una Halbsçhwester, una sorella per parte di padre), che per lui rappresentava il cordone ombelicale col suo nucleo familiare numeroso ma disgregato, segnato precocemente dalla scomparsa dei genitori. Ulrike ha in certo modo sedato e aggregato attorno alla sua figura questa complessa costellazione familiare (i due erano gli unici fratelli non sposati), ma soprattutto, per lungo tempo, è stata - oltre che sua frequente compagna di viaggio - la stella polare dell'affetto di Heinrich e il suo assiduo asilo finanziario, e chi forse vide in lui (pur essendogli sopravvissuta trentasette anni, gli stessi che aveva quando Heinrich si uccise) l'unico uomo della sua vita. 44

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