Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

a proposito della lettera in cui la Merteuil mette la sua autobiografia al servizio dei suoi scopi, André Malraux osservava che «soltanto Ignazio di Loyola ha creduto fino a questo punto alla capacità dell'uomo di dominare se stesso»2s_ Il fondamento di questa puntuale e ostinata esemplificazione sta nel fatto che ogni lettera del carteggio - diversamente da quanto normalmente avviene nelle narrazioni ordite dagli epistolari - si forma in rapporto a un progetto sul destinatario: il soggetto si esprime e si riconosce in questo rapporto; ma immediatamente la sua espressione cambia e si distribuisce in altri legami, perché lo stesso progetto è riempito dalle attese reazioni interpretazioni - consapevoli o no - delle persone che coinvolge. In questo intreccio di forze (non si può proprio dire meglio) ogni lettera, se non ogni frase, s'ìnscrive come azione e reazione: e anche nell'unione e nella differenza dei due momenti si gioca l'identità dei soggetti (mittente e destinatario). È vero che i personaggi principali, Merteuil e Valmont, «parlano due lingue»: una per le sfide e gli inganni con cui stringono l'intreccio e l'altra - tra loro due - «schietta, sincera»26 . Ma si veda come questa lingua schietta del1'affinità e della complicità si produca sovente in segni ambigui, in domande e risposte sorprendenti quanto stonate, in smentite e rivelazioni che, con tutta la loro lucidità, mantengono veramente i due soggetti in un conflitto di identificazioni. La Merteuil interviene insistentemente nella scrittura dell'altro, e ne svolge, in una forma di provocazione e di censura, il significato riposto, dall'altro non pensato o esplicitamente rifiutato: Ora, è vero, visconte, che vi fate delle illusioni sul sentimento che vi lega alla signora di Tourvel? È amore, o esso non è mai esistito; lo negate in cento modi, ma in mille ne date prova. 33

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