Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

...specie d'identità, come se egli fosse un suono riecheggiante con un'intensità mille volte superiore, mentre l'ori !J ine fosse il suono intonato per la prima volta4 . È il bisogno del fondamento che spinge l'uomo di Kerényi alla ricerca delle archai fino a potersi nuovamente sentire parte dell'harmonia mundi, a potersi valere dell'interno legame con il suo passato e con quello del genere umano, con un se stesso a-temporale e primigenio. Il ritorno al mito va inteso come processo verso la tradizione, verso il legame con il passato, in modo da poter giustificare e rendere sicuro il presente e l'avvenire44. Questo contatto con il passato acquista allora quasi naturalmente, in Kerényi, una dimensione filosofica che prende le mosse dall'uomo dell'angoscia, dall'uomo del Geworfenheit heideggeriano45 che vive nell'esigenza di fissarsi sul precedente ideale per avere una garanzia di proseguimento. È proprio da questa particolare prospettiva filosofica, e più specificamente esistenzialista, che può essere proficuamente studiato l'archetipo di Kerényi. L'archetipo per lo studioso ungherese rappresenta «uno stato di passato»46 , una potenza agente in noi «del generalmente umano ereditato»47, simile ad un prototipo di quella condizione del mondo che era l'"esser fusi", il Verwobenheit. L'archetipo è una possibilità per l'uomo Geworfen di ritrovare le sue radici e di risalire il magma del presente48 . Esso si definisce, innanzitutto, come immagine del mito, come formazione tradizionale. Jung aveva affermato l'esistenza di elementi strutturali mitopoietici della psiche inconscia indipendenti da ogni tradizione, e aveva definito l'archetipo come una manifestazione involontaria dei processi inconsci49 . Ma essi valgono per Kerényi in un senso particolare e funzionalmente definito: gli archetipi sono possibilià di immaginazione50 in un'epoca caratterizzata dall'agire 201

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