Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

L'archetipo sembra risentire, per certi suoi tratti, della suggestione plotiniana di un'emanazione nel mondo umano dell'Idea, dello Spirito governatore, reggitore ed armonizzatore del mondo e trascendente ad esso17. Jung tiene presente nella sua ricerca una tale concezione armonica e preordinata dell'uomo e del mondo, immettendo così la sua opera in un vasto orizzonte filosofico comprendente oltre che i neoplatonici e le religioni orientali, tutto il mondo esoterico e alchemico soprattutto rinascimentale18. Senonché l'idea platonica va intesa esclusivamente come «immagine primordiale» di somma perfezione, il cui contrapposto oscuro non appartiene più, come l'idea, al mondo eterno, ma a quello dell'effimera e finita natura umana. L'archetipo invece, nella sua struttura bipolare, porta immanenti in sé il lato oscuro e il lato chiaro della psiche. Gli archetipi sono gli «organi dell'anima», «les eternelles increés» (seguendo Bergson), il cui ultimo significato si può solo circoscrivere, ma non descrivere19 . Essi sono per Jung le «forme primitive», definizione che testimonia il legame dello psicologo svizzero con il misticismo e lo gnosticismo. In particolare, con quello del mistico greco Dionigi Areopagita, autore del Corpus Dionysianum, dove era contenuto, tra l'altro, il De divinibus nominibus, testo in cui figurava l'espressione «primitivae formae»20. Infine, è proprio tutta questa tradizione che abbiamo cercato di tratteggiare a fare da background alla teoria junghiana, la quale trova proprio in detta tradizione una conferma all'idea di un"'unità dell'anima", punto verso cui sembra tesa tutta la ricerca di Jung. Ma occorre essere cauti. Jung non è un mistico, la sua ricerca è volta solo a compiere ulteriori passi nella sfera del conscio fino all'inconscio: il suo atteggiamento tende ad essere rigorosamente scientifico, fondamentalmente fenomenologico21. 196

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