Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

engramma (Senon) che si è costituito mediante la condensazione di innumerevoli processi simili tra loro. Secondo questo modo di vedere, essa è un precipitato e con ciò una forma fondamentale tipica di una determinata esperienza psichica vissuta e che sempre si ripresenta14 . L'archetipo è dunque un'espressione che riguarda tutto il processo vitale: esso dà alle impressioni sensoriali e à quelle mentali (che compaiono a tutta prima disordinate e sconnesse) un significato che conferisce loro un ordine, liberando così l'energia psichica dal legame con la mera e incompresa percezione. Ma mentre gli istinti rappresentano gli impulsi naturali, gli archetipi sono le "dominanti" che emergono nella coscienza da potenzialità universali, come disposizioni organiche, ereditate ad accogliere le idee universali. Questa è una differenziazione molto importante. Essa infatti mette in luce il passaggio da una prima fase, in cui Jung guardava ad una descrizione dell'inconscio nella sua dimensione più profonda, correlata al mondo biologico degli istinti; ad una seconda in cui si fa definitivo e netto l'accento sul carattere formale degli archetipi. Gli archetipi (termine che, secondo la Jacobi, Jung avrebbe desunto da sant'Agostino15), sono simili all'idea platonica. Jung ne è cosciente e ne trae le dovute differenze. Le idee platoniche sono fissate su di un «supra-celestial place», sono una versione filosofica degli archetipi; mentre questi sono una parafrasi esplicativa del «Platonic Eidos»: The archetype represents the authentic element ofspirit, but a spirit which is not to be identified with the human intellect, since it is the latter's spiritus rector16 • 195

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