Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

ancora lontani da quella loro tetra e lucida ostinazione, che formerà il nodo mortale del carteggio e perderà tutti i suoi soggetti6 ; intanto la signora di Merteuil, col dichiararsi assolutamente scettica in merito allo stile epistolare, sta studiando il seduttore all'opera. Come si vede, non si fa questione di sincerità - che la marchesa, per convinzione o per calcolo, esclude a priori -, ma di efficacia della scrittura. Poiché l'amore non è in gioco, bisogna imitarne bene l'eloquenza, e in questo val molto di più parlare che scrivere: Parlando non è lo stesso. L'abitudine a servirsi della propria voce, le dà sensibilità; la facilità alle lacrime l'accresce; l'espressione del desiderio negli occhi può essere scambiata per quella della tenerezza; infine, lo svolgimento meno rigoroso del discorso porta più facilmente quell'aria di turbamento e di disordine, che è la vera eloquenza dell'amore; e soprattutto la presenza dell'oggetto amato impedisce di riflettere e ci fa desiderare di esser vinte. (lettera XXXIII) Ma non c'è che da adeguare i mezzi ai fini. Conta, non la «sostanza reale» di quello che si dice o si scrive, ma !'«effetto» che si ottiene. Il criterio intransigente dell'efficacia mette a confronto lo scritto e la viva voce sulle stesse cose: in questo caso, anche nella scrittura occorrerà colorire la sensibilità delle parole, mascherare il desiderio con la tenerezza, accennare con un discorso «moins suivi» (o si dica intonare, secondo melodramma) l'aria eloquente del turbamento. Formulata in termini che la legano a particolari situazioni («la facilité des larmes», «la présence de l'objet aimé»), questa poetica negativa si può rovesciare nei princìpi generali della strategia del carteggio. È quello che fa Valmont nella sua risposta, insistendo sulla necessità che egli ha di scrivere, e ricordando alla marchesa che è appunto la logica dei fini, nella quale concordano, a 18

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