Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

prendo qui il quadro di partenza. Come noto, il giovanissimo paziente non fu sottoposto ad analisi direttamente da Freud, ma per il tramite del padre che con Freud iniziò a mantenere regolari rapporti di consultazione dal 1906, fin da quando cioè il bimbo non aveva che poco più di tre anni. Ciò che più interessa in relazione al caso di cui qui si discute, si verifica nell'aprile del 1908: sono dunque passati due anni da quando, a causa della «sciocchezza»3 , il padre è in contatto con il «professore»4; così Hans abitualmente chiama, rispettivamente, la fobia dalla quale era affetto e Freud che, attraverso il padre, tentava di risolverla. In questo periodo, dunque, Freud osservava: «si potrebbe dire che per via dell'analisi, non soltanto il paziente ma anche la sua fobia ha preso nuovo coraggio e osa mostrarsi»5 • La notazione è a margine di una relazione, come sempre molto accurata, che il padre di Hans rimette a Freud, allegandovi due piantine topografiche assieme a stralci delle note che le accompagnano. «... ed in effetti nulla lo agita di più che il vedere un carro avviarsi dal cortile del Dazio centrale, sito dirimpetto al nostro appartamento, e i cavalli mettersi in moto... ecco ciò che si vede dal portone della nostra casa: dirimpetto c'è il deposito dell'ufficio delle imposte di consumo, con una piattaforma di carico davanti a cui passano continuamente i carri che vengono a caricare casse di merci e simili. Il cortile è recinto da una cancellata che corre lungo la strada. Proprio di fronte al nostro appartamento vi è il cancello d'ingresso del cortile. Ho osservato da alcuni giorni che Hans si impaurisce in modo particolare quando i carri, con una brusca voltata, entrano ed escono dal cortile»8 • Sembra dunque che l'edificio del dazio centrale si costituisca per il piccolo Hans luogo di angoscia, là dove questa si struttura e si modula in diverse gradazioni di intensità e coloritura, così come segnala il brano sopra ri177

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