Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

ziente si accanisce gridando e, scagliandovi contro pugni, calci, sedie e vasi da fiori, tenta di demolire la barriera che si interpone a negargli ciò a cui sembra non potere rinunciare. La madre resta silenziosamente barricata nella propria camera, il padre dal piano inferiore della casa, il piano giorno, vigila sulle notti della famiglia, rassicurato dall'avere a portata di mano un voluminoso randello; l'unica sorella, maggiore di qualche anno, vive ormai indipendentemente per suo conto. Dopo ripetuti, infruttuosi assalti ogni volta il paziente rientra sconfitto nel suo alloggio e da lì continua spesso a urlare e a lamentarsi sino a giorno fatto, senza che mai nel frattempo alcuno dei famigliari gli si accosti. Nel volgere di qualche tempo il paziente, sin qui giovane brillante e socievole, si riduce ad abitare esclusivamente i luoghi del suo scompenso e come attratto da una forza irresistibile si ritira in permanenza nella propria stanza; si alimenta pochissimo, diviene totalmente insonne, perde il controllo sfinterico. Questi affanni notturni portarono il sognatore a subire un trattamento sanitario obbligatorio e a intraprendere una psicoterapia a orientamento psicoanalitico nell'ambito di un complesso assetto terapeutico approntato da un servizio psichiatrico pubblico. In nessuna occasione e tantomeno in seduta gli capitò di fornire o si mostrò disposto a esplorare ipotesi di senso intorno a episodi così allarmanti che in seguito sembrarono aver dato l'avvio a intensi slittamenti regressivi. Nelle sedute in cui la questione venne sfiorata, emergeva nel paziente una singolare reazione, simile alla sorpresa di chi in talune fasi di un'analisi si ritrova in un lapsus: un'espressione di imbarazzato rammarico che si limita a prendere atto dell'infortunio; ed al di là di qualche generica parola di circostanza, vi è poco o nulla da aggiungere. Eppure questo atteggiamento elusivo e sfuggente non stava tanto per un grossolano sbarramento difensivo, 174

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