Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

munitaria. Se la caduta della socialità può far apparire a molti superfluo quello spazio, la sua conservazione acquista invece una importanza straordinaria. Che la piazza rimanga, anche se vuota - come ha scritto Antonio Machado, poter passare e avvertire il travaglio dell'anima in quel vuoto - è importantissimo: quello spazio che indica una presenza/assenza è fondamentale per la nostra esperienza. SEGRE. Vorrei risponderti anche con parole di Machado. Machado diceva: il mio orologio, quando sono le otto, segna le otto, ma sono quelle del giorno prima. Ora, noi, come storici, perché in fondo siamo tutti, in modo diverso, degli storici, ci mettiamo di fronte ai prodotti antichi, a dei manufatti antichi, e cerchiamo di assimilarli alla nostra cultura moderna. Ci scontriamo, mi pare, con tutta una serie di antinomie che forse sono insuperabili. Tu hai parlato molto delle antinomie di funzione: c'è la funzione dell'opera nel passato e c'è lo sforzo di renderla in qualche modo fungibile nel presente anche se la sua funzione ormai è cambiata, anche se il contesto in cui si trova non è più lo stesso. Ora, questa stessa antinomia si ha nella interpretazione, basta pensare ai problemi dell'ermeneutica. Quasi tutti quelli che applicano l'ermeneutica come metodologia autonoma, pensano, si illudono di poter recuperare perfettamente i significati sia letterali sia simbolici di un'opera letteraria, o artistica, come sono stati voluti dall'autore o al massimo come sono stati realizzati nell'opera. Viceversa una concezione semiotica della cultura ci fa vedere l'interpretazione come qualcosa che cambia nel tempo perché cambiano tutte le strutture semiotiche, semantiche, ecc., in cui l'opera viene a inserirsi, e perciò gli stessi valori che aveva in partenza risultano in certo modo trasformati o sviluppati dal trovarsi in un contesto semiotico differente. Qui io penso veramente che abbiamo a che fare con un'antinomia insuperabile, o me168

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