Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

anzi il conflitto fra modo d'uso attuali e valori che la città del passato esprime nella sua fisicità. Si può, in proposito, richiamare una nota espressione usata da Le Corbusier quando sottolineava quello che egli riteneva un passaggio obbligato nella rifondazione degli spazi urbani: «Il faut tuer la rue corridor». Qui l'impiego del termine «uccidere» è indicativo: la proposta di eliminare la strada corridoio nella costruzione della città, anche agli occhi dell'autorevole proponente, equivaleva a un assassinio. Le Corbusier - che pure ha scritto pagine affascinanti sugli spazi pubblici di Venezia - con questo slogan dimostrava tutta la sua disattenzione verso la ricchezza polifonica espressa dalla città storica, preso com'era dall'intento di affermare una modernizzazione radicale. Se il restauro dell'ambiente non può prescindere dai modi d'uso, occorre tuttavia evitare l'errore opposto, quello di pretendere di congelare la vita, quasi questa fosse una appendice da costringere entro una visione unilaterale dell'ambiente costruito. La vita di una cattedrale non si è esaurita con la religiosità e la cultura medievale: la sua presenza fa comunque da bussola, segna la nostra distanza da quella religiosità e da quella cultura, ci offre l'occasione per un'esperienza straordinaria e per una interrogazione essenziale in una società come l'attuale che ha messo in campo molte energie e molte potenzialità di trasformazione ma che dimostra scarsa consapevolezza circa la portata e gli esiti di tale trasformazione. Il patrimonio materiale lasciato dalla storia è ricchezza preziosa sotto molti punti di vista, ma soprattutto perché custodisce i sogni e le diversità. La coesistenza delle diversità è appunto la lezione che alcune città sanno ancora trasmettere. Basti citarne una per tutte: Amsterdam. Così è per molti altri luoghi singoli dai quali pure ci separa una diversità di comportamenti. Si pensi, ad esempio, alla piazza quale luogo per eccellenza della vita co167

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