Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

to nel modo in cui questo prodotto artistico deve essere trattato. Ecco perché la tendenza alla museificazione che è stata ed è ancora molto presente nel restauro, è conseguenza dell'occhio ormai estetizzante con cui noi percorriamo l'edificio, la pittura, la scultura, o quello che sia, prescindendo dalle funzioni originarie. Ora qui mi pare che, di nuovo, il tempo risulta veramente irreversibile: noi non possiamo rifarci l'occhio del vecchio fruitore, perciò il nostro impegno diventa piuttosto complesso, si sia, come me, restauratori di opere letterarie, o, come altri, restauratori di opere artistiche, perché finiamo per sovrapporre due o più ottiche, una di contemporaneo, una di persona del passato, e una di storico che contempla dall'alto il divenire e lo accetta come condizione stessa di sopravvivenza. CONSONNI. Hai posto una questione fondamentale per la messa a punto delle linee di fondo che devono guidare gli interventi sul patrimonio storico. Mi sembra che il restauro non possa raggiungere esiti positivi nel mantenimento in vita di un'opera, se si pone esclusivamente nell'ottica di combattere il tempo. Spesso il restauro insegue l'obiettivo del ripristino di una condizione originaria, e ciò è talvolta perseguito in contrasto con le esigenze della vita individuale e sociale e con la sua evoluzione. Occorre invece accettare le contraddizioni che tale evoluzione pone alla "fissità" dell'opera. I mutamenti sociali e culturali possono del resto rivelare sensi profondi impliciti nell'opera stessa. Semmai si pone un problema di compatibilità fra configurazione dell'ambiente fisico e modi d'uso, fra la cultura e la sensibilità che hanno dato vita a determinati ambienti e la cultura e la sensibilità attuali. Sotto questo profilo risulta sempre più evidente una incapacità diffusa a recepire e a vivere attivamente la complessità di significati addensati nella configurazione materiale della città storica. Si allarga 166

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