Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

anche degli sventramenti che oggi per fortuna si fanno molto meno, mentre sono stati operati a Parigi in epoca più antica, a Roma non molto tempo fa, e iniziati a Milano persino dopo la guerra e per fortuna interrotti. Questo dico solo come commento o integrazione rispetto a quello che hai detto tu. Penso invece che si potrebbe allargare ancora il discorso. Tu hai parlato in sostanza del restauro urbanistico, del rispetto del contesto in cui l'opera ci è stata trasmessa, in cui dovrebbe continuare a sopravvivere. Ma poi c'è anche il restauro, che so?, di un giardino. Che cosa possiamo fare? Possiamo cercare delle riproduzioni, dei piani, delle stampe, e sforzarci di ricostituire questo giardino almeno come aspetto esteriore, magari poi non indqvinando esattamente il tipo di piante che si devono piantare, il tipo di fiori che devono alternarsi alle piante e così via. Ma, io credo, anche qui ci sono degli elementi materiali di guida, perché di un giardino rimangono, probabilmente, parti degli apparati di irrigazione, oppure bordi di aiuole, sicché anche qui è possibile forse avanzare ipotesi di tipo filologico e perciò, in parte, tentare persino un restauro dell'oggetto affine a quelli di cui si parla più comunemente. CONSONNI. Quando dicevo che non basta la filologia, intendevo che occorre attivare una condizione di ascolto della storia dell'umanizzazione del mondo e della storia della città, perché il testo territorio, paesaggio, giardino, città, è quasi sempre un testo complesso, costruito attraverso continue distruzioni e ricostruzioni. Esso infatti non risponde ad un'intenzione unica, come nel caso di un'opera letteraria. Se anche il testo letterario può raggiungere una notevole complessità e prestarsi a più piani di lettura, tuttavia nel caso di una città o di un paesaggio la complessità è si162

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