Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

loro gli edifici. A questo riguardo la filologia dell'oggetto (l'edificio, la statua, il singolo manufatto) non basta più; occorre interrogarsi sulla natura e sul significato degli spazi ereditati dalla storia. Riguardata da questo punto di vista, tutta la costruzione della città occidentale dall'età di mezzo fino alle soglie dell'industrializzazione si configura come un grande- restauro: il restauro dell'internità del mondo. Per chiarire il significato di questa affermazione è opportuno rifarsi al modo di costruire nella città antica e al modo in cui erano concepiti e strutturati i suoi spazi. Ne richiamerò brevemente alcuni aspetti riferendomi in particolare alla polis greca. Il tempio greco è un insieme di parti; e ciò trova assonanze sia con la concezione del còrpo percome è espressa, ad esempio, nei poemi omerici, sia con la concezione dell'universo nella nozione di cosmo quale insieme unitario di parti. È questa appunto la concezione espressa nel Timeo di Platone. Per Platone il cosmo ha una sua architettura precisa: l'architettura dello spazio concavo che raccoglie tutti gli esseri. È significativo che nella concezione platonica lo spazio materico venga indicato come una realtà intermedia che supera il dualismo tra il mondo dell'anima e il mondo del corpo: lo spazio è la natura che accoglie tutti i corpi, quasi una nutrice, come se tutte le cose appartenessero a una sorta di grembo. In questa concezione dello spazio è evidente il recupero del culto di Ghe, la Madre Terra. Lo spazio è pensato come una sorta di grembo nel quale, come attraverso un'inseminazione, le cose prendono corpo e forma, rimanendovi come parti di un tutto. Questa concezione può aiutarci a comprendere la grande libertà che l'arte greca dimostra nel costruire e nel dare forma allo spazio. Quella che filologicamente chiameremo libertà paratattica è in realtà libertà di disporsi nel cosmo in rapporto e in partecipazione a un tutto. 157

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