Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

che più o meno corrisponde a un modellino di un'opera architettonica o a una ricostruzione visiva di un'opera pittorica. Ora, è chiaro che sarà sempre lecito fare dei modellini o delle ricostruzioni anche audacissime dato che questi modellini sono soltanto degli strumenti per indicare l'ipotesi costruttiva dell'architetto e del restauratore, e non hanno alcuna conseguenza sulla fisicità dell'opera. Ma il restauro avviene poi anche sull'opera stessa: il restauro tocca, intacca il monumento. Seguiamo tutti i giorni le discussioni su restauri di affreschi in cui secondo il restauratore vengono tolte soltanto le ridipinture o le patine, mentre alcuni critici ritengono che si sia andati oltre, che si siano tolti anche degli strati che appartengono alla pittura originaria. Tutto questo il filologo, fortunatamente, non si trova a compierlo. La discussione che farò con Consonni può seguire una falsariga che è già risultata da un nostro incontro preliminare; indicherò via via i punti su cui penso si possa discutere invitando di volta in volta Consonni a interagire con me. Intanto già su queste premesse penso che Consonni avrà qualche cosa da aggiungere. GIANCARLO CONSONNI. Perché la questione del restauro appare oggi tanto complessa e persino drammatica? Le difficoltà nascono in larga misura - almeno per quanto riguarda l'architettura - da una incapacità a guardare oltre i singoli oggetti e dalla insensibilità verso l'intorno, verso lo spazio cui danno vita le presenze architettoniche nel rapporto tra i vuoti e i pieni. La società in cui viviamo si mostra insensibile a questo rapporto e da ciò deriva una incapacità ad operare sul costruito in quanto contesto complessivo non fatto solo di emergenze monumentali. Nel passato l'intervento sulle preesistenze non si poneva così drammaticamente. Basti richiamare il fatto che le più belle piazze delle città europee si sono formate attra155

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