Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

solarlo per avergli rifilato quelle iniezioni, benefiche per James, assolutamente inutili per lui. Ma perché, spiegava, se «il leone e il bue, egualmente malati, prendono una medicina che li rende ugualmente in salute, il leone diventa un leone di nuovo, ma il bue rimane un bue! È inevitabile». Così lui da quella esperienza aveva imparato definitivamente una cosa: «che devo vivere con la mia natura e i miei difetti, tentando di fare al meglio senza consolarmi con l'illusione che potrei sempre cambiar pelle o mentalità» (1 aprile 1909). Apatia, senso di inferiorità, ipersensibilità, melancolia, neurasthenia, psychasthenia: il carteggio abbonda di descrizioni del genere (che Harry James nella selezione del 1920 avrebbe spesso tagliato), anche riferite a comuni amici e conoscenti, più o meno celebri, i quali soffrivano di disturbi nervosi. Ne verrebbe fuori una interessante storia clinica dal punto di vista del paziente; sintomi e diagnosi registrate con una certa competenza in medicina, ma anche con soggettiva sensibilità: un intreccio insomma di illness (I'esperienza soggettiva dell'individuo malato) e disease (la definizione biomedica della malattia). Di sicuro il vissuto dell'ammalarsi e curarsi costituisce un legame complesso nel rapporto fra i due amici, per James in particolare evocativo, dati i ruoli profondi e perversi che il dolore fisico e psichico aveva giocato nella sua famiglia d'origine, tra i fratelli, la sorella e specialmente tra loro e il padre invalido e depresso. In questo modo di vivere la sofferenza - vederla sempre rinascere e sempre combatterla - consisteva forse la sintonia fra James e Flournoy più profonda delle loro affinità intellettuali eppure ad esse intrecciata. «Tu sei il solo uomo adesso vivente... che può scrivere filosofia "human'ly"», umanamente, sinceramente; l'uno riconosceva all'altro (11 ottobre 1904). Li univa una specie di malinconia che cerca conforto e nutre consapevole un sa147

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