possa iniziare a capirlo». James dubitava che i congressi «fossero poco più che un'organizzazione di fraintendimenti... Il lavoro filosofico mi sembra andare avanti in silenzio e in stampa esclusivamente» (9 agosto 1908). Ed era quanto più gli premeva, ormai da anni; non la psicologia normale o patologica, diversamente da Flournoy il quale pure cercava di stargli dietro. Se non altro, lo compiaceva:«capisco perfettamente come tu sia entusiasta del potere e della ricchezza del metodo pragmatista che tieni in pugno quale suo genuino creatore, giacché il valente Peirce non mi pare sia stato più della spinta di partenza, la causa immediata, la quale non avrebbe avuto risultato alcuno senza la vera forza motrice, il potere di convertire potenzialità in realtà, che tu hai fornito per intero». E siccome il pragmatismo contava ormai una serie di filiazioni negli USA e in Europa, al suo ideatore competeva anche il ruolo di«nucleo centrale e coordinazione» (16 marzo 1907). Con notevole abbaglio, questi replicava che il vero«centro di equilibrio» gli sembrava sgorgasse da un articolo del giovane Giovanni Papini sul«Leonardo» (26 marzo 1907). Presto dovette accorgersi che la sua teoria sulla verità, il termine stesso di Pragmatism generavano tante adesioni quanta confusione. «Anch'io sono in parte da biasimare qui; ma era tatticamente saggio usarlo come titolo. L'attenzione di moltissime persone ne è stata attratta, e l'esito è stato che ciascuno si è trovato costretto a pensare» (3 gennaio 1908). Lui intanto, salute permettendo, lavorava quasi senza sosta: conferenze ogni dove, articoli, libri. Come asseriva con Flournoy a proposito del volume suo ultimo (A Pluralistic Universe, 1909), era animato o forse esaltato all'idea che sarebbe stato«1) letto; 2) respinto quasi unanjmemente dapprima, e per diversissime ragioni; 3) si sarebbe continuato a comprarlo ed a riferircisi, e avrebbe finito con l'influenzare con forza la filosofia inglese» (30 aprile 1909). 142
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