Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

gole frasi, prendendone prima una e poi l'altra e tentando di aggiustarle assieme, ... naturalmente fallirai» lo scopo; che era capire non un «esoterico» qualcosa, bensì il significato, «l'anima» (una parola che James non si vergogna di usare) di una visione della realtà. Quello che «interessa di un filosofo - gli scriveva conseziente Flournoy - è ciò a cui mira e che tenta di fare - non quanto ha dimostrato ma ciò che crede» (17 luglio 1907). Mettere a fuoco un rapporto non è facile. E come ho cercato di dire, non mi pare che la via migliore sia estrarre dal carteggio James-Flournoy gli elementi dei loro comuni interessi. Tuttavia sento il dovere di darne alcuni cenni, intorno ai tre temi ricorrenti nelle lettere, che rimandino non soltanto ad esse ma anche al riscontro con gli scritti qui volutamente lasciati sullo sfondo. Assolto questo compito, vorrei addentrarmi meglio nel loro legame. All'inizio era il reciproco riconoscersi nel punto di vista dell'altro, relativamente alla disciplina di cui erano cultori. Flournoy gli dimostrò con una recensione quanto apprezzasse i Principles; James replicò che Metaphysique et Psychologie Io aveva favorevolmente colpito sia per «la straordinaria vitalità dello stile che per l'ammirevole buon senso della materia. Questo è essere veramente "scientifici" senza essere un bavarian into the bargain, come sono tanti dei nostri "scienziati"» (31 maggio 1891). Riscontrato «il completo accordo in fini e metodi», conveniva «darsi una mano e forse la nostra "Scuola" prevarrà», azzardava lo psicologo americano, e rimaneva sul vago. L'intesa si sarebl?e via via precisata, con suggerimenti di buone letture filosofiche (Charles Secrétan, Renouvier, Alfred Fouillée, ecc.) che rivelavano una ricerca antimaterialistica, e con la confessione reciproca di paventare entrambi il laboratorio. Pur di non tornarci, Flournoy si augurava che non gli passasse la tosse: «decisamente... sta diventando un'os136

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