Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

davano appena vagamente accumulando nella mia mente. Molto spesso mi suggerivano, nella loro ricchezza e originalità, vedute che non mi ero sognato ma la cui verità mi colpiva e rimaneva in me. Di conseguenza, se non sono in accordo con te su tutti i punti - [peccato non li enunciasse neppure]-quelli sui quali sono d'accordo sono così numerosi e importanti che sono obbligato frequentemente a dire, parlando di te, C'est mon homme! ... certamente ti debbo ancora più di quanto mi renda conto». Così, sin dalla prima lettera; e gli annunciò che a piene mani faceva uso dei suoi lavori; ritrovandovisi al punto che gli studenti non avrebbero mai saputo bene, testimoniò Ed. Claparède, se fosse stata la filosofia dell'autore americano o la propria quanto Flournoy esponeva a voce e negli scritti4 • La sintonia partiva, ed era resa possibile, da una concezione, che egli attribuiva giustamente a James, della filosofia come di «una attitudine che si comunica per contagio di sentimento [piuttosto] che una dottrina che s'insegni con l'esposizione didattica». È un'indicazione che al lettore intruso di questo carteggio dovrebbe risuonare, mi sembra, come un avvertimento ulteriore-più sottile di quelli esplicitamente minacciosi che ho citato da Henry James-a procedere con leggerezza. Si tratta non di registrare precisi elementi di convergenza o divergenza nel dibattito fra due professori di psicologia e filosofia, bensì di cogliere un'atmosfera di sensibilità, qualcosa di alquanto impalpabile e intenso, non riducibile alla somma dei loro comuni interessi. Del resto, anche per comprendere la visione filosofica di un uomo, James sosteneva si dovesse assumere un «atteggiamento immaginativo», recettivo; simile a quello che il fratello Henry raccomandava davanti a un'opera artistica, per penetrarne la «speciale bellezza che la pervade, la controlla e la anima». Invece, «usa il tuo metodo post-mortem, cerca di costruire la filosofia fuori dalle sin135

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