Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

libro importante. Ce n'era abbastanza, insomma, perché al primo incontro i due psicologi si interessassero l'uno all'altro; a Parigi si trovarono simpatici e parlarono, fra le molte cose, dei buoni ricordi che il professore americano serbava del college ginevrino, della Société de Zofingue che anche lui aveva frequentato da adolescente, quando suo padre aveva voluto cercare in Europa un'educazione migliore, per i figli, di quella offerta nelle scuole americane, e dove William avrebbe poi mandato il suo secondogenito Billy, ospite dei Flournoy. In poche ore si legge d'un fiato, ma naturalmente si dovrà rileggere e non basta mai, una corrispondenza durata due decenni, una scrittura tesa ad andare di pari passo con l'essere letta da parte del destinatario, a sua volta mittente di altre missive. Il lettore esterno- l'intruso che arriva dopo- può immediatamente accertarsi di quanto in quel rapporto apparteneva all'incerto futuro, che all'inizio del carteggio a nessuno dei due interessati era concesso sapere; se il legame sarebbe durato, e quanto, e perché, a causa di cosa e di chi si sarebbe interrotto. Eppure non è una posizione comoda, a meno che non si intenda-al contrario di quanto si vuole qui- usare le lettere appena come pezze d'appoggio da cui estrarre frammenti, note, per un discorso non centrato sul carteggio e sul legame con esso cresciuto. Tra William James e Théodore Flournoy vent'anni di corrispondenza- durante i quali naturalmente molte cose diverse successero a ciascuno dei due e d'intorno- sembrano trascorrere con una tonalità di affetto e di stima lineare. Se è il rapporto di due personalità o temperamenti che interessa, fra loro era di sintonia, dichiarata e senza fratture, per quanto si cerchi di coglierne. Prima ancora di incontrarlo personalmente, al solo apprezzarne alcuni articoli, Flournoy aveva provato «il profondo piacere di trovare esatte, ben messe, idee che si an134

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==