Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

alto verso il collega, discreto, quasi opaco per la troppa ammirazione. Non si mise sullo stesso piano, vicino all'amico di cui pure vedeva una consimile sensibilità al proprio essere fragile e anche perciò gli voleva bene. Così, mi pare, lungo l'intero ventennio del loro rapporto, fatto soprattutto di lettere, ma anche di qualche visita da parte di James o della moglie e figli senza di lui visto che fra le due numerose famiglie si stabilirono rapporti di simpatia con scambi epistolari tra le signore e le ragazze. Mentre l'uno intraprendeva faticosissime traversate dal Nuovo Mondo e viaggiava su e giù in Europa, difficilmente l'altro si muoveva dal cantone svizzero, affranto all'idea di andare non in paesi esotici ma addirittura da casa sua alla stazione, come garbatamente scherzava davanti alle avventurose proposte di William. «Accanto alla tua indefessa e fruttuosa attività, il corso monotono e sonnolento dei miei giorni e anni mi dà l'effetto di una pozzanghera di acque stagnanti comparate con le cataratte del Niagara»; il confronto fra i loro individuali modi di vita e con il generale ritmo frenetico dell'America ispirava a Flournoy «invidia e terrore allo stesso tempo» (2 ottobre 1896). A sua volta James diceva di invidiarlo per l'esistenza in quel piccolo paradiso terrestre, dove la nevrosi «fin-de-siècle che sta uccidendo i paesi più grandi, incluso» il suo, aveva ancora poca presa (31 dicembre 1893). Con facilità il filosofo del pragmatismo criticava gli Stati Uniti; per esempio la «malattia Americana del vivere per il possibile anziché per il presente»; il che significava spesso badare troppo ad arricchirsi, e coltivare «non un interesse in qualcosa eccetto business». Di questo tipo umano egli aveva incontrato l'esemplare più ricco al mondo: John D. Rockfeller, «un vulcano di passioni sotto un assoluto self-control, un devoto cristiano del genere settario più ristretto... Dio ci aiuti quando uomini di tale 130

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==