professionista... tentasse, quando filosofeggia, di annegare il fatto del suo temperamento». il tentativo era mosso dall'intento di risultare più credibile, l'effetto era invece che nelle discussioni aleggiava l'insincerità, e si occultavano i significati più potenti; ossia quelli di concreta matrice umana, che risentivano e di ambienti storici, e di esperienze della vita vissuta, magari intime, private, comunque personali. era un richiamo a non separare la dottrina, artificiosamente costruita su una ragione astratta, dalla soggettività contraddittoria ma intelligente. «È più facile, comunque, essere una noble et forte personalité in un libro, che in seno alla propria famiglia». James lo scrisse nella sua prima lettera a Flournoy, il 31 maggio 1891, parlando di sé e del complimento che il collega gli aveva rivolto a proposito dei Principles of Psychology, pubblicati pochi mesi prima. Era un'affermazione condivisibile in linea generale; e un modo di schermirsi, una modestia, una civetteria che avrebbe dovuto incuriosire il suo corrispondente. Forse rappresentava anche un invito provocatorio - ma Flournoy non l'avrebbe accolto -, affinché questi non lo mettesse su un piedistallo come stava facendo, e lo guardasse invece com'era, o come si sentiva. In quel frangente, per esempio, «disgustato di me alla vista del libro»: proprio le mille pagine che lo psicologo ginevrino aveva così elogiato, l'autore giudicava «un ammasso repellente, dilatato, tumefatto, rigonfio, confuso, il quale testimonia null'altro che due fatti: 1) che non esiste una tal cosa quale la scienza della psicologia, e 2) cheW. J. è un incapace»3 • Non aveva ragione, e si trattava di un momento di depressione feroce, ma non solo (sul primo punto almeno ben meritava discutere), confessato liberamente proprio alla persona - l'editore - con cui in proposito sarebbe forse convenuto tacere. Lo sguardo del proverbialmente timido Théodore, di dodici anni più giovane, rimase adorante, dal basso in 129
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