Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

successivo di questa rivista], e comunque tutto quello che precede, fui colta dalla curiosità di sfogliarlo, questo De Vriendt torna a casa: l'ho trovato alla Biblioteca comunale Sormani di Milano, ed era proprio un'edizione tedesca del 1932, uguale a quella che vide Freud. La dedica è semplicemente, in mezzo a una pagina tutta bianca: FUR LILY OFFENSTADT Si tratta di un romanzo di 344 pagine (non poi così breve, come lo definisce invece sempre Zweig) dotato di una stringente struttura triadica: 3 libri di 9 capitoli ciascuno. E, nel capitolo di mezzo, del libro di mezzo, intitolato «Heim nach Dameschek», «A casa a Damasco», l'uomo Jizchak Josef de Vriendt, «der Mann Jizchak (Isacco, sacrificato dal padre), Josef (Giuseppe, venduto dai fratelli) de Vriendt», come spesso lo nomina con cadenza epica Zweig, raggiunto «da uno, e ancora uno, e oh Dio ancora uno dei tre colpi, che gli trafiggono la spalla sinistra», cade riverso nel suo sangue e nel dilatarsi misericordioso (o crudele?) del tempo dell'agonia trova alfine spazio il suo lungo viaggio di ritorno a casa, a casa indietro nel tempo e nel mito, al di là dei confini dell'identità individuale, egli ridiventa Isacco, il fanciullo, che provò l'aspra pietra dell'altare sulla Moriah, Isacco in viaggio verso casa, a casa a Damasco, alla ricerca del grande padre, des grosses Vaters Avraham, e, quando infine lo trova... giunge al suo orecchio come lontano mormorio di mare la gaia voce dello spaventoso padre, che tutto ha creato, e tutto ha ordinato e che contro di lui ha lasciato che liberamente fluisse il tempo: «Non vuoi tu dunque amarmi alfine, Isacco, figlio mio, come io sono?». E indomito il giovane a forza disserra le chiostre dei denti ed esala: «NO». 119

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