Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

stanze di psicoterapia infantile Nel settembre del 1920, al VI Congresso Internazionale di Psicoanalisi tenutosi all'Aia, la Dr.ssa Hermine von Hug-Hellmuth di Vienna presentò una sintesi di riflessioni e problemi, pratici e teorici, derivanti dalla sua esperienza di «analista educatrice» svolta con i bambini: Sulla tecnica dell'analisi infantile. Con uno sguardo gettato a ritroso, questo scritto rappresenta sicuramente il primo contributo «clinico» che si affaccia nella stanza analitica dei bambini. Sino a quel momento, infatti, si era solo molto parlato del rapporto intercorrente tra la pedagogia e la psicoanalisi. Già nel 1908, al Congresso di Salisburgo, Sandor Ferenczi se ne era preoccupato', e l'argomento era divenuto poi, con Oskar Pfister, «educatore e pastore d'anime», un vero e proprio progetto di Pedoanalisi2 • In tale brulichio di interesse, Freud non fu certo stupito che «le comunicazioni psicoanalitiche sulla vita sessuale e sullo sviluppo psichico dei bambini [avessero] attratto l'attenzione degli educatori e [avessero] posto i loro compiti in una nuova luce»3 ; sebbene, nel progetto freudiano di espansione della psicoanalisi, la pedagogia fosse solo funzionale da un lato «a guadagnare fra i pedagoghi una nuova cerchia di lettori»4 (diversamente preclusa e invece importante, data la poca forza che tra i medici aveva allora la psicoanalisi), e dall'altro lato a dimostrare in ambito operativo di che cosa fosse capace la psicoanalisi stessa, disattendendo a un qualsiasi statuto che fosse proprio della pedagogia. Alle sue origini, la psicoanalisi dei bambini venne, in tal modo, ad essere relegata in ambito profilattico e educativo, mentre il suo esercizio, o meglio la sua applicazione, fu riservata ai non medici, detti anche profani o laici. Fu infatti nel '13 che Freud, redigendo la prefazione a Il metodo psicoanalitico di Pfister5, in considerazione dell'azione preventiva esercitata dall'attività educativa, si espresse 189

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