Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

sberg e discute con il celebre patologo Leyden uii.a tesi sulla «etiologia e terapia della tubercolosi polmonare». Assistente presso l'asilo di Allenberg, vi approfondisce la conoscenza di Kahlbaum e nel 1867 lo segue a Gorlitz. Tra i due, oltre a una stretta collaborazione, si stringe un rapporto di familiarità: Kahlbaum sposa una parente di Hecker ed Hecker a sua volta sposa l'amica del cuore della moglie di Kahlbaum. Sono anni, quelli di Allenberg e di Gorlitz, nei quali le istituzioni psichiatriche tedesche sono scosse da un vento di rinnovamento. Nel 1860 Brosius ha tradotto il libro di Connolly sul «no restraint» e Hecker subito si impegna a favore di questi principi; ma la sua critica alle gestioni tradizionali incontra ovunque vivaci resistenze. Nel 1875 Kahlbaum si reca a Praga per studi di patologia e Hecker lo sostituisce nella direzione di Gorlitz. L'anno seguente la decennale collaborazione si scioglie. Hecker accetta di dirigere l'asilo di Plagwitz e tra il 1876 e il 1881 vi persegue alacremente i suoi disegni innovativi, disegni che esprime con convinzione nel convegno medico di Francoforte del 1881, sollevando polemiche. La sua aspirazione ad ottenere una cattedra nell'Università prussiana viene ostacolata per motivi ideologici. Vedendosi precludere ogni azione incisiva, opta per la quiete della casa di cura di Johannisberg a. Rhein. In questa atmosfera tranquilla, lavora per dieci anni occupandosi intensamente di un numero ristretto di pazienti. Ancora più isolata rispetto alla geografia della psichiatria tedesca, è la sua ulteriore attività: dal 1881 al 1891, anno della scomparsa della consorte, ospita alcuni pazienti nella sua abitazione di Wiesbaden: con loro divide la vita di famiglia e anche li vuole compagni in alcuni viaggi in Svizzera. Muore 1'11 gennaio 1909. Figura di primo piano nella costruzione della psichiatria classica, Hecker non può certo essere considerato un «conservatore». La sua esigenza di nosografia non distanzia né oggettiva il paziente, e il suo proposito di medicalizzare la psichiatria nasce da una sincera vocazione scientifica, dalla volontà di opporsi a schemi idealistici e spiritualisti degenerati in pratiche repressive, come dimostrava la rigida ortopedia di Ideler alla Charité di Berlino. È interessante vedere come queste posizioni siano per l'epoca rivoluzionarie e tenute con prudenza ai margini (né Hecker né Kahlbaum ottengono il riconoscimento universitario) e solo in seguito vengano riassorbite nella cultura accademica. La «catatonia» di Kahlbaum e !'«ebefrenia» di Hecker sono valorizzate nel trattato di Kraepelin e così appaiono in ogni silloge successiva. Tuttavia entrambe le entità cliniche subisçono una singolare riduzione rispetto alle descrizioni originarie. Le etichette nosografiche che sopravvivono ai testi rimossi non conservano nulla della ricchezza clinico-descrittiva, e cristallizzano semplicemente l'impegno di ricerca di una generazione che ha sofferto la psichiatria come passione. Filippo M. Ferro 143

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