Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

"Eoro dell'esperienza": sintomo e struttura nella psicopatologia di Ewald Hecker Può sorprendere che un uomo di scienza consegua, con il primo studio, un posto nella storia della sua disciplina. Eppure questo è il caso di un protagonista della psichiatria classica, Ewald Hecker, che nel 1871 designa con il termine «ebefrenia» una sindrome psicotica giovanile. L'entità, ripresa da Emil Kraepelin nella «dementia preacox» e da Eugen Bleuler nel gruppo delle schizofrenie, è ancora presente nelle classificazioni odierne. Hecker non è solo un sottile osservatore, è figura che partecipa attivamente a un cambiamento sostanziale della psichiatria europea del secondo '800. Non a caso lo studio sull'ebefrenia è preceduto, nello stesso numero della rivista, dalla nota, che qui abbiamo scelto (nella traduzione di Johanna Venneman e Antonello Sciacchitano, i quali hanno già sensibilmente interpretato il testo bleuleriano), sulla nosografia. Ancor più indicativo è rilevare che la rivista, la quale ospita i due interventi, è l'«archivio» di Virchow, famoso patologo di Berlino; e a Virchow e al suo pensiero Hecker si richiama in modo esplicito. Prima di soffermarci sui punti teorici proposti, dobbiamo situare l'autore nella sua atmosfera culturale. Quando pubblica questi studi, egli è collaboratore di Karl Ludwig Kahlbaum. Kahlbaum si è appena stabilito a Gorlitz, un asilo privato, per lavorare alla sua riforma psichiatrica, guardata con sufficienza dagli ambienti istituzionali e accademici. I corsi di Kahlbaum a Konigsberg, fortemente caratterizzati da una posizione antifilosofica e volti a promuovere l'ingresso della psichiatria nell'area medica, non hanno avuto risonanza ufficiale e tuttavia hanno entusiasmato alcuni giovani alienisti tra i quali Hecker. Cardini della linea proposta da Kahlbaum e qui adottati da Hecker sono la necessità dell'osservazione psicopatologica e la centra141

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