Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

(est et non) che Cartesio si tormenta nel dubbio (quod vitae sectabor iter?). Da una parte, il progetto della mente, la quale nasce con la separazione e serve a tollerare il distacco in cui le pulsioni non possono che essere controllate ed inibite, dove si realizza la dolorosa separazione e l'accettazione della realtà, arrivando fino all'estremo dell'arresto motorio totale. Dall'altra parte, l'elemento istintuale, non mentale ma biologico, che tende alla soddisfazione non limitata, al controllo totale dell'oggetto, all'identificazione fallica al centro di ogni attenzione, alla spinta e alla iperattività. Invece della mania come negazione della perdita, potremmo vedere la depressione come ipercontrollo e cancellazione delle pulsioni istintuali espansive e pericolose, connesse all'oggetto amato ed al desiderio del controllo. Ciò si accorda meglio con la biologia che tende a vedere la depressione come espressione di struttura assente, carenziale, cioè come minus. L'opposto progetto, il progetto euforico si svolge secondo le linee dell'iperinvestimento e l'introiezione di ogni oggetto atto al piacere senza limitazioni. Ne risulta la realtà terapeutica che tutti conosciamo: l'impraticabile pressione pulsionale disorganizzante, l'alto grado di narcisismo fallico, lo handling senza cura del1'oggetto interamente posseduto e quindi trattato con trascuratezza, arroganza e sarcasmo, rendono ragione della pressoché totale impercorribilità della via psicoterapeutica della mania. L'interamente pulsionale è, come ovvio, meno gestibile dell'interamente o prevalentemente mentale, e qui si direbbe che poco vi sia di mentale, nel senso separativo che dicevamo sopra. Il principio del piacere divora se stesso e si frustra nell'atmosfera orgiastica, mentre il principio di realtà è polverizzato. Il progetto euforico è l'aspetto, dunque, più estraneo alle possibilità e ai modi della psicoanalisi e di ogni psicoterapia. Romolo Rossi 214

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==