rerlo sempre, agganciandosi all'ultimo ad esso per contiguità, metonimicamente, come fa il critico con il suo testo. E ora anche a Conrad ripensare a Youth, sua prima navigazione in compagnia di Marlow, richiede un gesto di autocancellazione: del racconto sopprime dal ricordo il tema, ogni traccia figurativa, e vi lascia la nuda incisione del suo essersi, in un tempo anteriore, scritto. Il viaggio, l'avventura, così purificati, gli appaiono perciò «la registrazione di un'esperienza che comincia e finisce in me stesso». È questo per lui il fatto della memoria: attraverso questa obliterazione delle figure - pur sempre un lavoro del ricordare - egli attribuisce ora significato alla sua vita passata, la illustra. E si ritrova in compagnia di Marlow4 • Dalla metafora, tradizionale, della vita come viaggio, a quella, che ne è la revisione, del viaggio come epitome, siglatura, di un senso profondo che la vita possa avere, sembra che a Conrad riesca, grazie a Marlow, di chiudere in pareggio il bilancio tra vita e scrittura. Come in un pozzo profondo, il racconto di Marlow si cala nella vita, e ne riporta su un frammento, «il tempo più bello, il tempo di quando eravamo giovani e stavamo sul mare; giovani e non avevamo nulla, sul mare che non dà nulla, solo colpi duri - e a volte una chance di saggiare la propria forza - niente altro che quello» (p. 39). Non era quello, insiste coi suoi ascoltatori ammutoliti, intorpiditi, il tempo più bello? E su quella domanda quasi solo sussurrata la sua voce si spegne, essendo giunta là dove fin dall'inizio era stata: dove la vita e il racconto della vita non si separano, perché solo a quel prezzo la vita ha significato. Solo se si fa fatto della memoria. Nel raccontare, che è un ricordare, Marlow assurge a Conrad e Conrad sfuma in Marlow: è la memoria a proiettare sull'ineroico - la vita in gioco per un cargo di carbone - il pathos di un'energia, di una forza irripetibile. Sono queste le sue gesta. La vita ha un bell'esser cono128
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