Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

Il restauro psichiatrico Eppure nella psichiatria di oggidì, che sovente fa cattivo uso di quel poco di buono che c'era nella vecchia pratica psichiatrica e di quel tanto di buono che era inteso nella nuova legislazione psichiatrica, si possono cogliere tre diverse propensioni maniacali, per l'una delle quali si può parlare di scelta conservativa e per le due altre di pretese restaurative. La prima è quella che amo chiamare la psichiatria di Don Ferrante, cioè del nichilismo terapeutico, per cui s'è giunti a negare perfino la reale esistenza di una sofferenza psichica, con razionalizzazioni non diverse da quelle del dotto manzoniano che «in rerum natura, diceva, non ci sono che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che.... non può essere né l'uno né l'altro, avrò provato che non esiste, che è una chimera.... chi l'ha veduto? chi l'ha toccato?.... e... su questi bei fondamenti, non prese nessuna precauzione.... andò a letto, a morire come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle»'". La seconda, che dalla prima deriva nei presupposti pur differenziandosene nelle procedure, si caratterizza invece per un vacuo operare sociologico, dopo il quale, molto spesso, dovendoaffrontare patologie piuttosto rocciose, si finisce col concludere non meno capziosamente che chi non migliora, dopo essere stato provvisto di un lavoro, di una casa e magari di un compagno o di una compagna, non è un vero malato bensì una persona pigra e svogliata. In questo caso si pretenderebbe la guarigione attraverso il restauro dell'ambiente fisico, senza riguardo alcuno per la realtà psichica, per il mondo interno del malcapitato. La terza psichiatria è quella di donna Prassede e, come '' Come avrebbe abusato volentieri un Don Ferrante psichiatra, se avesse potuto conoscerla, dell'osservazione di Bion a proposito dell'angoscia: E tuttavia essa non odora, è invisibile, inudibile, intangibile. Non ha forma. 59

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