Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

propri autodidatti come Otto Ranlc Fu proprio nella difesa di Theodor Reik dalle accuse di abuso dell'arte medica che Freud giunse a prendere chiaramente posizione intorno al problema dei rapporti fra psicoanalisi e medicina, misurando così il cammino percorso dal suo giovanile impegno neurologico e segnandone il punto di arrivo: vale a dire che essendo i malati psichici molto div:ersi dagli altri malati e i medici niente affatto preparati a trattare i loro specifici disturbi, chi invece, essendosi sottoposto ad un training, avesse appreso il metodo psicoanalitico non dovesse essere giudicato un profano, né si potesse ritenere abusivo il suo operare. Nella opposizione a queste semplici considerazioni, anche quando venivano assunte come stava allora accadendo da un importante gruppo psicoanalitico quale quello americano, vedeva, secondo quanto scrisse a Ferenczi il 27 aprile 1929, «l'ultima maschera assunta dalla resistenza alla psicoanalisi, e la più pericolosa di tutte». Uno sguardo retrospettivo consentirebbe oggi di misurare quanto la psicoanalisi debba ad altri psicoanalisti laici, come Freud chiamava i non medici, a cominciare dalla sua stessa figlia, fornita soltanto di un diploma d'insegnante di scuola materna, da Melanie Klein, senza laurea alcuna, da Roheim, antropologo, Erikson, provvisto di una preparazione tecnica pre-universitaria, Marie Bonaparte, colta nobildonna priva di titoli accademici, e molte altre signore non meglio munite di referenze sanitarie; e quanto debba in particolare la psicoanalisi italiana all'impareggiabile opera pionieristica e divulgativa compiuta da due colti colleghi: Cesare Musatti, psicologo non medico, ed Emilio Servadio, laureato in giurisprudenza. Se la preparazione medica non era più assolutamente indispensabile ai nuovi curatori secolari d'anime (Weltlicher Seelensorger), allo stesso modo la terapia psicoanalitica non poteva più essere considerata come una varietà 49

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