Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

che tutte sono vere. Il discorso è tutto sbilanciato verso la verità: l'assenza di un restauro definitivo unico di un testo è visto come conferma della fine del fantasma della Verità definitiva e assoluta. Se è giusto non aver feticci delle maiuscole, rimane forse qualche preoccupazione per le minuscole, e precisamente per l'errore. Sarebbe spiacevole che l'esorcismo delle Verità metafisiche funzionasse poi anche come negazione della possibilità del1'errore. È chiaro che un fedele ermeneuta - erede in ciò di una certa tradizione filosofica italica, che liquida i problemi con qualche semplice esercizio verbale, di solito non molto raffinato - obietterebbe che per accertare un errore, occorrerebbe possedere la verità. Fortunatamente la situazione è meno tragica e non è necessario attendere la verità unica definitiva e assoluta per rendersi conto di eventuali errori anche nei restauri interpretativi. Lo schiavo del Menane platonico per esempio, si renderebbe conto della fallacia dei suoi tentativi di soluzione del problema geometrico, anche se alla fine non gli fosse manifestata la soluzione giusta. L'ermeneutica del Novecento ha espulso la questione della possibilità del «fraintendimento», che era al cuore di quella del secolo precedente. La vera questione è appunto se è ancora possibile riconoscere errori nel restauro interpretativo; e se lo è, quali ne sono le condizioni anche teoriche. Ma su questo problema l'ermeneutica del Novecento, con la sua enfasi sulla verità, è muta. Ad essa è sufficiente prendere le distanze dal motto che era scritto sullo stendardo di un corteo trionfale al Campo di Marte il 25 luglio 1797 con i monumenti preda di guerra: «la Grèce les céda; Rame les a perdu - leur sort changea deux- fois, il ne changera plus».14 • Una teoria ermeneutica non può sottrarsi al problema della responsabilità del restauro. Di fatto, invece, come avviene esemplarmente nella concezione gadameriana e nelle sue variazioni, si costruisce una teoria, che legittima l'irresponsabilità ermeneutica, proprio in quanto 191

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